martedì 22 settembre 2009

OPPIO S.p.A.

Come abbiamo potuto apprendere da alcuni passi di nietzsche, essendo dio morto per la compassione degli uomini, dobbiamo considerare il fatto che è giunto ormai il tempo di liberarci dei vecchi falsi idoli per raggiungere quella porzione di verità volta al conseguimento della condizione di super uomo (dove super non sta per “più” ma per oltre).

Siamo sempre i soliti.
In Afghanistan,ci linciano i “Lince” e noi piangiamo i morti (giusto,anche se ogni tanto bisognerebbe ricordare che sono dei soldati volontari professionisti, quindi coscienti del loro tipo di lavoro MA questo è un discorso che va oltre la morale e il dolore) non chiedendoci che cosa ci facciamo davvero in Afghanistan. La maggior parte dei cittadini, devoti al qualunquismo delle opinioni che, al giorno d’oggi dilaga, pensa che il nostro paese sia lì per : missione di pace, petrolio, lotta al terrorismo, reazione psico-sociale agli attentati dell’11 settembre;
tuttavia le cose non stanno esattamente così. E’ noto che il paese dell’“ex“ URRS, è il paese con la più alta produzione d’oppio nonché il maggiore esportatore al mondo (il 93 % del mercato di oppiacei proviene dall’Afghanistan, ndt.). La coltivazione della pianta ha radici antichissime e sostiene la maggior parte degli agricoltori, che lottano contro la povertà disarmante che affligge la popolazione. Perché non coltivare altro allora?
Innanzitutto non è conveniente. I contadini tenevano a bada i narcotrafficanti con prezzi (fino a prima del conflitto) relativamente accettabili, che si aggiravano intorno ai 50 dollari al chilo. dell’epoca talebana. Tutto ciò prima che a causa della guerra, la produzione subisse una considerevole flessione facendo salire i prezzi addirittura a 500 dollari al chilo. Inoltre la “nobiltà feudale”, proteggeva i contadini e mantenendo una discreta tranquillità almeno per quanto riguardasse l’attività agricola dell’oppio.

Un’altra ragione per cui non è possibile diversificare la produzione campestre, è il fatto che il governo, dovendo comunque combattere (essendo sempre un paese islamico) la produzione d’oppio, si limita a distruggere le coltivazioni di tanto in tanto senza fornire ai contadini, trattori, concimi, attrezzature, impianti di irrigazione e sementi, necessari per cominciare ipoteticamente, ma anche in maniera pratica, un tipo di agricoltura diversa. Anche Karzai sa che il paese si regge sull’oppio e le sue “jihad” contro questa pianta hanno ben poco di diverso da quella che mi limito a considerare, “mera propaganda”.
Cosa c’entriamo noi, con le nostre innocue piantagioni di aranci (slovacchi)?
Semplice! La droga (e qui cito Beppe Grillo), è il secondo fatturato al mondo dopo il petrolio. E chi controlla l’Afghanistan, controlla il mercato dell’oppio. Chi controlla il mercato dell’oppio, controlla l’eroina, che sta tornando in voga stile anni ’80, controlla la realizzazione di alcuni medicinali anche importanti, come la morfina.
Se Sicilia ed Africa del Nord erano il granaio dell’impero romano, noi abbiamo l’”oppiario” Afghanistan. Chi ha un monopolio decide i prezzi, decidendo i prezzi su un qualcosa che non esiste materialmente sul mercato, fa i prezzi che vuole. Il costo sale, la qualità scende, la richiesta diventa ingestibile e in questo modo aumentano i tossici che muoiono e i disordini sociali.
Allora quotiamo in borsa l’oppio, dato che lo Stato ne gestisce sia la produzione che la distribuzione ed è avvezzo a privatizzare i beni pubblici e vediamo che ne pensano Piazza Affari & Co.


Con i ricettori oppiacei ancora sfatti dopo l’ultimo calumet,

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