Le università più antiche della storia sono nate da più di mille anni e da sempre sono state un punto di riferimento per la comunità, un'istituzione e un obbiettivo a cui tendere per i giovani di tutte le generazioni.
L'educazione e lo sport, cioè i principali servizi che le Università forniscono, hanno tuttavia un costo notevole. Ecco quindi che specificamente per gli atenei sono nate alcune tasse ad-hoc che, in caso di istituti privati si trasformano in "rette", spesso non proprio alla portata di tutti.
Nell'ultimo decennio, nel pieno di un processo di globalizzazione economica e di concorrenza serrata in ogni singolo settore, si è assistito ad una vera e propria guerra fra le università più prestigiose a livello mondiale nel tentativo di accaparrarsi i migliori studenti e di aumentare il proprio appeal.
Lo scopo è ovviamente uno solo: ottimizzare i bilanci e trasformare gli istituti in aziende indipendenti e il più possibile redditizie.
Mentre fino a pochi anni fa i dirigenti facevano quindi affidamento solo sulle donazioni individuali da parte di benefattori o simili per migliorare ed ampliare le università, si è passati in un secondo momento a chiedere in prestito ingenti somme agli istituti di credito.
La modernizzazione e l'adozione prima degli altri delle ultime tecnologie e strutture è diventata una priorità, non più esclusivamente per fini pedagogici, ma con l'obbiettivo di aumentare il cash flow dell'azienda.
E fino a qui la questione è decisamente positiva, in quanto la forte concorrenza fra istituti diversi aumenta senza dubbio la qualità. Peraltro, in un settore come quello dell'istruzione, la concorrenza, oltre che fare bene agli studenti che si ritrovano in strutture migliori e con professori più motivati, fa bene anche all'economia stessa delle università. Infatti, potenzialmente, non c'è limite alla retta applicabile a fronte di un servizio aggiuntivo e/o migliore, dato che il valore assegnato dalle famiglie alla cultura e della formazione dei propri figli non ha prezzo.
Tuttavia, più recentemente, si è fatto il passo più lungo della gamba. Si è caduti nell'errore di credere che la finanza creativa possa essere una panacea.
Nel tentativo di aggiudicarsi il titolo di università più prestigiosa del mondo, le università americane sono state le prime ad emettere prodotti finanziari per aumentare la propria capacità di investimento.
Stiamo parlando ovviamente dei Bond od obbligazioni che dir si voglia. In pratica si tratta di un titolo di debito che attribuisce al possessore il diritto al rimborso del capitale più un interesse.
In un periodo di crisi economica, hanno pensato i manager, perché non immettere sul mercato obbligazioni emesse da università private prestigiose (che facilissimamente ottengono rating molto alti: AA o AAA)?
La liquidità ottenibile in questo modo è elevatissima e il tasso di interesse è molto buono rispetto a quello che una banca generalmente pratica.
Ecco quindi che innumerevoli istituti hanno adottato questo strumento, e molti altri lo stanno valutando attualmente. La situazione:
Harvard, la University of Californa e Princeton sono le università più esposte con oltre 4 miliardi di dollari totali in obbligazioni.
Harvard addirittura ha emesso bond con scadenza trentennale.
Negli ultimi dodici mesi si sono moltiplicate le università che hanno sfruttato il momento di crisi dell'economia e gli stimoli economici di Obama per rendere più appetibili le proprie obbligazioni.
In Inghilterra, cuore della finanza europea, Cambridge non poteva rimanere a guardare e sta ora valutando l'emissione dei primi bond in oltre 800 anni di storia.
-"L'intenzione è quella di reinvestire i soldi nelle infrastrutture. Nello specifico aumenterà la quantità di soldi spesi in pubblicità, marketing, strutture ricettive e abitative per gli studenti, campi sportivi e per aumentare l'indipendenza finanziaria di Cambridge." - Andrew Reid, direttore finanziario di Cambridge ha spiegato cosi' il ricorso all'indebitamento dell'università inglese più prestigiosa.
Ed il fenomeno non è ristretto unicamente al mondo anglosassone purtroppo...
Il rischio concreto è che quindi, in futuro, ci troveremo con università nella situazione che le banche stanno vivendo oggi. Perchè non mi si venga a dire che gli oltre 6 miliardi di dollari totali di indebitamento di Harvard sono facilmente ripianabili senza alcuna preoccupazione. Basta dare una scorsa al suo bilancio per capire che una facile uscita da questo circolo vizioso è quantomeno improbabile a meno di drastici cambi di rotta.
Come si farà in futuro, quando a decidere circa il taglio di fondi per l'università e la ricerca non sarà più un ministro, ma un commissario nominato da un tribunale fallimentare?
sabato 9 gennaio 2010
La finanza e l'università
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Grande articolo!Complimenti, di grande attualità ma soprattutto informativo.
Io stesso non sapevo nulla delle "grande aziende fallimentari" chiamate università!!hihi
Mi raccomando, tienici informato a riguardo!!
ciccio the best! cash flow!
Posta un commento