domenica 11 ottobre 2009

La filosofia di Homer Simpson

“Di solito non sono un uomo religioso, ma se tu sei lassù, salvami, Superman!”

“Ok cervello, io non piaccio a te e tu non piaci a me... ma facciamola questa cosa così potrò tornare a bombardarti di birra... affare fatto.”

“Hai fatto del tuo meglio e hai fallito. La lezione è: non provare mai...”

“D’oh!”


Chi non conosce Homer Simpson? Chi non ha mai visto su quella “diabolica” scatola nera (o colorata o piatta, o ancora di più, chiedo venia ai tecnici) le sue avventure e le sue disavventure, le sue azioni e le sue reazioni, le sue emozioni e i suoi vuoti, la sua rabbia improvvisa e la sua pigrizia perenne? Bene, quello che vorrei fare è capire il valore della persona Homer Simpson, dei suoi comportamenti, dei codici simbolici delle sue intenzioni e delle sue azioni. Penso che sia divertente e attualmente importante. Divertente per tutti i fan dei Simpson, tra cui il sottoscritto che si sta divertendo un mondo a scrivere. Importante per l’attualità contemporanea, in quanto Homer può rappresentare a buon diritto l’americano medio, o anche di più, l’occidentale medio dei nostri giorni: capire Homer, nei suoi lati positivi e negativi (ahiaaa sto già anticipando troppo!!), può far luce sulla nostra condizione presente, evidenziando i probabili meriti e le evidenti mancanze.

HOMER E ARISTOTELE

Prendendo spunto dal libro “I Simpson e la filosofia” (2005) di W. Irwin, M. T. Conard e A. J. Skoble, vorrei analizzare la condotta etica di Homer. Cosa c’è giusto, se c’è, e cosa di sbagliato, se c’è, nel suo comportamento? Perché proviamo un’innata simpatia per questo personaggio, nonostante tutte le sue “singolari” azioni? Bene, per poter avere una visione completa a riguardo e poter abbozzare una risposta, credo non si possa fare a meno dell’Etica a Nicomaco di Aristotele. È un testo splendido, scorrevole di piacevole lettura e di massima importanza per le problematiche trattate, che ne fanno un testo fondamentale di filosofia morale: la condotta eticamente virtuosa dell’uomo, la giustizia, l’amicizia, la felicità, solo per citarne gli argomenti principali. Mi sia concessa una rapida disamina del pensiero etico di Aristotele, per poter poi guardare più da vicino il “nostro” Homer (chi di noi, in fondo, non gli vuole bene?). Aristotele si distanzia nettamente, almeno nei propositi, dal suo maestro e amico Platone anche nel campo etico. Basti considerare ciò che lo Stagirita dice in Etica Eudemia : ” sfugge alla nostra indagine che cosa sia il bene e che cosa sia il buono nella vita”. Che fare, allora, rinunciare a parlarne? Rinunciare a stabilire i presupposti che rendano possibile, se lo è, una vita giusta, virtuosa, felice e di corrispondenza anche una società simile? Con forza e voglia di fare, No. Aristotele vuole risarcire Socrate del trattamento esagerato di Platone ( per dirla alla Martha Nuusbaum) introducendo la categoria di contingenza per la bontà delle azioni umane, lo statuto particolare del loro carattere pratico e la nozione della virtù come abito. Aristotele ci ha fornito una classificazione di quattro tipi di carattere umano più diffusi e questi sono, lasciando da parte la bestia e il superuomo: il virtuoso; il continente; l’incontinente e il vizioso.

Per comprenderne il significato, compariamoli tra loro per come si manifestano sotto forma di azioni, decisioni e desideri, vedendo anche all’opera ciascun carattere nel suo contesto particolare. Supponiamo che qualcuno, per esempio Lisa, stia camminando per strada e trovi un portafogli che contenga molti soldi. Ora se Lisa fosse virtuosa, come effettivamente è, non solo deciderebbe di consegnarlo alle autorità ma lo farebbe volentieri. I desideri di Lisa vanno di pari passo con la sua decisione e le sue azioni. Se pensiamo invece ad un Lenny, continente, le cose stanno diversamente: sarebbe capace di decidere nel modo giusto (cioè restituire il portafogli) e anche di dar seguito con l’azione a tale decisione, ma lo farebbe andando contro i suoi desideri. La situazione peggiora di molto con l’incontinente e il vizioso: il primo, ad esempio Bart, è in grado di formulare la decisione giusta, ma la sua volontà è debole, quindi soccomberebbe ai suoi desideri recalcitranti alla ragione con il risultato di tenersi i soldi. Il vizioso invece non ha proprio lotta contro i suoi desideri, né debolezza di volontà. La decisione del vizioso è moralmente sbagliata e i suoi desideri l’assecondano pienamente (ad esempio Nelson). Dopo questa rapida panoramica, se ci concentriamo su ciò che rende virtuosi, vediamo che non basta possedere una virtù, ma questa deve essere accompagnata dal sentimento e dalle condizioni del carattere. Inoltre la ragione gioca un ruolo cruciale: il virtuoso deve possedere la capacità di ragionare criticamente che gli permetta di distinguere le differenze nelle situazioni e di agire nel modo giusto. La saggezza pratica (phronesis) non si possiede per istinto (altrimenti non ci sarebbero meriti, né libertà), ma si acquisisce con l’esperienza, con l’abitudine ad agire bene, in maniera differente da uomo a uomo. La virtù è quindi una deliberazione razionale a scegliere il giusto mezzo con il coinvolgimento attivo della parte passionale dell’anima. Giusto mezzo che non è da intendere come un compromesso calcolato in maniera utilitaristica: ma come una via distinta tra due polarità estreme che renda il soggetto dinamico e capace di crescere.
Data in maniera molto sommaria e circoscritta questa idea di virtù di Aristotele, le cose per Homer si mettono davvero male (d’oh!). Per cominciare, si prenda in considerazione la virtù della temperanza che consiste (anche se si potrebbe discutere) nella facoltà di moderare i nostri appetiti corporei. Senza avere un’acuta capacità di osservazione, chiunque si rende conto come Homer sia ben lontano dall’essere temperante. Rispetto ai suoi appetiti corporei è decisamente vizioso. Ciò si rivela particolarmente vero per quanto riguarda il consumo di cibi e bevande, piuttosto che per la sua attività sessuale.
I desideri lo spingono a ingozzarsi e lui cede loro ben volentieri. Ad esempio Homer mangia di tutto cuore metà del panino del suo collega Frank Grimes (Grimmione!) pur essendo evidente il segno di proprietà sul sacchetto (“property of Frank Grimes”). Il desiderio di cibo di Homer lo porta anche a creare nuove ricette: per esempio avvolge una cialda mezza cotta intorno a un panetto di burro (“aaa burrooo”) e ovviamente se la mangia. Homer ha problemi di salute, ma non se cura e mangia più di prima: dopo aver mangiato carne cattiva al Kwik-E-Mart ed essersi sentito male, anziché proseguire nella sua causa contro Apu, viene immediatamente placato dall’offerta gratis di gamberetti rancidi. Homer non si ferma mai: anche di notte, mezzo addormentato, lo troviamo aprire il frigo e … “Mmm… sessantaquattro fette di formaggio americano” e procede a mangiarsele tutte.
Senza poi parlare della sua passione per la birra, al punto che il suo nome è diventato sinonimo della Duff. Homer è anche un bugiardo patentato: basti pensare a quando mente alla sua famiglia sui suoi piani per la giornata, dicendo loro che va a lavoro, mentre sta di fatto preparandosi a un tour della birreria Duff. Mente a Murge sul fatto di non essersi mai diplomato, oppure le mente riguardo alle perdite finanziarie, oppure le mente riguardo alla pistola di cui giura di essersi liberato. Homer è inoltre insensibile ai bisogni degli altri e sembra scarso in benevolenza e giustizia. Quando Ned Flanders si ritrova in bancarotta, tenta di convincerlo a vendergli il suo mobilio a prezzi stracciati proprio a causa della sua difficile situazione economica. Oppure dice a Bart: “ hai regalato entrambi i cani? Lo sai come la penso sul regalare!”. Oppure da giurato in un processo contro Freddy Quimby lo vota innocente non per convinzione, ma per poter trascorrere, a causa dello stallo dei voti, dei giorni gratis al gran hotel di Springfield.
Homer ha un certo numero di compagni ma che non sembrano amici. Ricordiamo la straordinaria importanza dell’amicizia per Aristotele, al punto da dire che una vita senza amici non è degna di essere vissuta. Ebbene Homer ha dei compagni di bevuta (Barney, Lenny, Carl), ma non ha nessuno con cui condividere mete, attività, piaceri, dolori (ammesso che pensi ad altro oltre al bere e al mangiare).

Anche le abilità di padre, marito e lavoratore di Homer sembrano lascino a desiderare. Tenta di ottenere l’affetto di lisa comprandole un pony. Stimola la rivalità tra i due fratelli quando si trovano di fronte in una partita di Hockey. Senza dimenticare i numerosi tentativi di strozzare Bart, preceduti da un “Tu, piccolo ….”. Per ultimo, ma non meno grave, si dimentica costantemente dell’esistenza di Maggie. Difetta anche nei confronti di Murge: non supporta i suoi progetti oppure vi rimane indifferente. Anzi, quando prova ad aiutarla riesce solo a peggiorare la situazione, come quando chiama dei mafiosi per eliminare la concorrenza e favorire l’attività dei pretzel.
Infine è un irresponsabile e incompetente addetto alla sicurezza nucleare, al punto da portare più volte l’intera città sull’orlo dell’annichilimento, come gli mostra Grimmione, o come dimostrano i fatti (fuoriuscita di gas tossico sventata per miracolo dalle chiappone di Homer) quando lavora a casa, causa invalidità per obesità (ma va?!).
In fin dei conti, ora, ci possiamo domandare: perché tutto questo? Cosa impedisce a Homer di essere virtuoso? In parole povere, la sola virtù intellettuale necessaria al comportamento etico: la Phronesis. La saggezza pratica è la capacità di muoversi nel mondo con intelligenza, moralità e con una meta in vista. L’elemento cruciale del ragionamento pratico è costituito dalla facoltà di organizzare la propria vita secondo scopi importanti e degni e di perseguirli responsabilmente, vale a dire con la consapevolezza delle proprie scelte. Homer ha parecchi sogni, come diventare un autista di monorotaia, oppure possedere i Dallas Cowboy, ma i sogni non sono scopi. Se Homer ha uno scopo nella vita, è quello senza valore di una vita passata a mangiare, bere e impigrirsi. Se si aggiunge a tutto questo la sua credulità vi ritroverete una persona con capacità di ragionamento minime.
-Ma come?! Avevi detto che gli volevi bene a Homer!? E poi fa ridere, è un grande, non merita di essere trattato così!! Per favore piantala!!
Aspetta la fine, ci sono lati ammirevoli in Homer che ancora non sono venuti fuori e poi tireremo le somme … abbi pazienza ancora un po’.
In effetti non dobbiamo essere troppo duri. Si potrebbe obiettare ad esempio che nonostante si dimentichi dell’esistenza di Maggie, paradossalmente il posto di lavoro di Homer è pieno di sue fotografie. Inoltre non ha mai commesso adulterio consapevolmente (quando sposa con Ned una cameriera a Las Vegas non è chiaro se abbia fatto del sesso con lei da ubriaco). Con Murge si dimostra affettuoso e amorevole quando ad esempio la risposa per riparare alla loro prima scadente cerimonia. In certe occasioni mostra anche del coraggio: si ribella al signor Burns perché pretende troppo da lui o perché non ricorda il suo nome. Prende a pugni George Bush (quanti di noi avrebbero voluto!). Homer stupido? Non è sempre così. Ad esempio, quando diventa barone birra, ordisce un piano complicato e sofisticato per introdurre alcol di contrabbando a Springfield. Riesce persino a citare, anche se non ne ricorda il nome, Gesù come una persona che si è opposta alle pratiche ortodosse e che, comportandosi così, era nel giusto.
Cosa dobbiamo pensare di tutto questo? Che giudizio possiamo dare su Homer? Sicuramente Homer non è cattivo. Certo non è neanche un modello di virtù, ma non è malevolo, e lo prova il fatto che la reazione più dura che abbiamo nei suoi confronti è di pietà.

Ha in primo luogo delle attenuanti. Innanzi tutto è cresciuto a Springfield: una città i cui abitanti, con l’eccezione di Lisa, hanno seri difetti caratteriali che vanno dalla stupidità alla malevolenza, dall’inettitudine all’indifferenza. Essere allevati invece in un ambiente sano è uno dei presupposti di base presente nel progetto aristotelico di società della Politica, essenziale a costruirne la migliore possibile. Inoltre anche l’educazione che Homer ha ricevuto ha lasciato a desiderare. La madre lo ha abbandonato quando era ancora piccolo e il padre non l’ha mai incoraggiato a diventare una persona valida, anzi ha respinto e ignorato sempre le sue aspirazioni. In secondo luogo Homer raramente fa del male agli altri o è invidioso. Quando agisce con lo scopo deliberato di danneggiare qualcuno, tutti noi, credo, siamo d’accordo nel ritenere che questo qualcuno non meriti trattamento migliore. Ad esempio Patty e Selma. Oppure Burns che rappresenta il modello esemplare del capitalista, repubblicano avido, malvagio, spietato verso animali, persone e ambiente.
E quindi? Qual è, alla luce di tutto questo, l’importanza di essere Homer? Cosa c’è di ammirevole in lui? Abbiamo concluso in maniera chiara e evidente che Homer non sia un virtuoso, ma neanche un vizioso (a parte per cibo e birra). Cosa in fondo ci piace di lui? Cosa ci attrae? Cosa ci prende del suo modo di fare, di vivere, di essere? Siamo al punto. La qualità che spiega la possibilità di ammirare Homer è l’amore della vita o, per dirla alla Ned Flanders, “ un’intossicante brama di vivere”. Non è una conclusione banale, in quanto molti sono portati a vedere in Homer solo buffonaggine e immoralità. Homer ama il godimento della vita, senza curarsi del conformismo: non gli interessa né l’etichetta che la gente gli dà né cosa pensino gli altri di lui. Se poi a tutto ciò aggiungiamo il fatto che Homer è un cittadino della classe medio-alta-bassa costantemente in lotta, che lavora in fabbrica sotto la tirannia di uno spietato capitalista, che vive a Springfield, allora una persona come lui che decide di amare la vita è decisamente ammirevole. La passione per la vita di Homer emerge come qualità importante soprattutto nella nostra epoca. Da un lato, ed è quello negativo, Homer rappresenta l’occidentale medio dominato da un razionalità strumentale volta a soddisfare solo i suoi bisogni secondo una logica egoistico-acquisitiva (nella modernità questo viene descritto in politica da Thomas Hobbes, e negli aspetti sociali da Max Weber). Dall’altro però in Homer c’è l’antidoto al nichilismo, alla mancanza di solidarietà, alla chiusura in se stessi, nel “muro” che questa società occidentale comporta. L’antidoto, che tutti noi dovremmo valorizzare almeno tanto quanto stigmatizziamo il lato pigro, indifferente egoista, è la passione del presente e della vita.
Paul

"non posso vivere una vita convenzionale come la tua. io voglio tutto. le discese ardite e le risalite stordite. la crema in mezzo. certo, potrei offendere qualche naso dal sangue blu con il mio incedere vanitoso e il mio odore muschiato. io non sarò mai il prediletto dei cosiddetti Padri della città che schioccano la lingua, si allisciano la barba e parlano di cosa deve esser fatto di questo Homer Simpson.”

N.B. tutte le citazioni sono di Homer Simpson


8 commenti:

david ha detto...

Ciao ragazzi! anvedi che bloggetto da paura :D
nn cio' capito molto de sta cosa di homer che è na cifra difficile! ma chi l'ha scritta?! un premio nobel??
vabbe' cmq ho letto su un altro blog che homer è un fenomeno con i congiuntivi
tu non l'hai scritto e'

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

grazie a te per aver letto.

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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S3ton ha detto...

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Anonimo ha detto...

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